di Alessandra Capone *

Ore 4:04. È la seconda notte che passo con gli occhi spalancati a fissare la scratch map appesa di fronte al mio letto. Ad oggi sono 12 gli Stati d’America che ho visitato nel corso della mia esistenza. Sei solo negli ultimi quattro mesi. Questo perché ho deciso di realizzare il mio sogno, tenuto stretto e al sicuro da quando ho iniziato l’università: vivere un semestre all’estero negli Stati Uniti e godermi a 360° la college life. E per farlo ho dovuto aspettare un po’, forse troppo. Ho fatto le valige all’inizio del mio ultimo semestre da universitaria in laurea magistrale. Forse con le tempistiche non sono stata brava in quanto, se vuoi viverti l’esperienza a pieno, dovresti avere la spensieratezza e l’impulsività di chi ha appena iniziato l’università e non l’ansia per il futuro e il desiderio di iniziare un nuovo capitolo della tua vita nel contesto lavorativo. 

Sweet Home Alabama”: non son quante volte io abbia sentito la canzone dei Lynyrd Skynyd negli ultimi 4 mesi, perché si, la mia casa è stata l’University of Alabama (UA) e posso confermare che lì i cieli sono davvero più blu. Un paese dell’estremo Sud ed è questo che mi ha spinto a scegliere La UA come prima tra le mie mete preferite per il mio semestre all’estero.  Per una volta volevo davvero capire come si vivesse nella vera America, lontano dallo scintillio delle grandi metropoli che di vero ormai hanno ben poco. 

È stato un semestre intenso. Pieno di emozioni contrastanti. Ricco di esperienze e di prime volte, ma anche di alti e bassi e momenti di sconforto. Perché vivere lontano da casa non è mai facile e se anche viaggiare è la mia più grande passione è anche vero che mettersi in gioco ogni giorno non è una passeggiata. Ho vissuto gli ultimi mesi in una casa internazionale con altri 14 ragazzi provenienti da ogni parte del mondo i quali però parlavano inglese come prima lingua e questo è stato un grande scoglio da superare perché, pur pensando di essere ormai confidente con il mio inglese, non puoi oggettivamente battere un native speaker specialmente se all’improvviso ti senti circondato da tanti accenti diversi (lo scozzese è davvero incomprensibile). Ho vissuto nella Rotary House, una casa in mattoni dai pilastri bianchi al centro del campus, meta di tutti quelli che avevano voglia di divertirsi e essere a contatto con persone diverse. Una casa in cui non puoi mai rimanere da solo, ma puoi sentirti solo nei tuoi momenti no. 

Ogni mattina mi svegliavo con una vista stupenda sul piazzale principale dove tutto aveva inizio: le lezioni, lo studio in biblioteca, le pause pranzo sdraiati sul prato. Il campus è uno dei più grandi d’America e se davvero vuoi vivere la college experience è il posto perfetto perché puoi trovare di tutto, eventi di ogni tipo, grandi party nelle confraternite, partite di football di allo stadio, buffet gratis in ogni angolo, manifestazioni e conferenze. C’è di tutto. Ma è anche vero che sei letteralmente nel middle of nowhere e senza macchina non puoi andare da nessuna parte. Tuscaloosa è la cittadina più vicina e anche se è molto carina non è minimante comparabile a una grande città.  

L’America mi ha dato tanto e conserverò per sempre questo ricordo con profondo affetto nel mio cuore. Ho avuto modo di conoscere persone da ogni parte del mondo, di guidare tra quelle stradone lunghissime dove non riesci mai a scorgere la fine, mi sono appassionata a ogni genere di musica, dal jazz al country, dal blues al rap, ho riso fino a farmi venire i crampi allo stomaco ma ho anche pianto quando mi sentivo in un posto non mio, sono scesa a compromessi ma ho anche aperto di più gli occhi e soprattutto la mente a nuovi punti di vista e modi di vedere le cose, ho mangiato di tutto (i chili extra che mi sono portata come souvenir lo confermano), mi sono presa del tempo per rimanere da sola in mezzo alla natura selvaggia, ho fatto camping e sono andata a ben due partite della NBA quando prima di arrivare lì del basket non mi è mai importato nulla, ho potuto finalmente indossare la tuta a ogni ora del giorno e della notte senza sentirmi giudicata da nessuno, ho seguito dei corsi molto interessanti che mi hanno aiutato a capire cosa realmente mi piace, ho istaurato rapporti con i miei professori intimi e reali, perché lì non sei soltanto un numero, ma hai un nome che il tuo insegnate di sforzerà a memorizzare dal primo giorno, ho abbracciato una cultura che è lontana anni luce dalla mia, con i suoi pregi e i suoi difetti, e tutto quello che ho imparato in questa esperienza è questo: l’Exchange è la parte migliore della tua vita. Senza ombra di dubbio. Ma anche la peggiore. Senza ombra di dubbio. Ma è qualcosa che chi rimane a casa non potrà mai veramente capire. 

Grazie Alabama per essere stata la mia Sweet Home lontano da casa per questi mesi e come allora anche adesso, sempre e solo… ROLL TIDE!

* 25 anni, di Avellino, studentessa del corso di laurea magistrale in Filologia moderna, facoltà di Lettere e filosofia, campus di Milano